Kyoto: Pagoda del Touji, la più alta del Giappone |
Avevo un programma questa sera, ma è sfumato quando ho letto una bella poesia in inglese di un nostro socio del Crocicchio.
Proprio in quel momento un impolverato cercatore d'oro del Mississippi mi è salito sulla nuca e tra una badilata e un sorso dalla fiaschetta del Tenessee, ha portato alla luce la mia vena poetica.
Perciò ho scritto uno Haikai.
Con l'inesperienza e l'animo ardente di uno studente alle prime armi, infrangendo centinaia di regole di cui probabilmente neanche ho idea ho scritto questa cosa:
曙で
もう桜花が死んだ
倒した夢
All'alba
I fiori di ciliegio sono già morti
Sogni decaduti
Questo è uno Haikai, forma nazionalpopolare e più diffusa del più antico e più lungo Haiku.
E' la fiera della banalità, ma è il mio primo Haiku e nonostante fra vent'anni lo riguarderò con sdegno, ora ne sono soddisfatto.
Just so you know, faccio il saputo per stavolta e lascio qualche info sulla tecnica dello Haikai che sembra semplice ma tutt'altro (e infatti non essendo esperto temo di aver sbagliato sicuramente qualcosa).
La metrica è 5/7/5 anche se dai caratteri non si direbbe; in traslitterazione si legge:
Akebono de
Mou ouka ga shinda
Taoshita yume
Indispensabili in uno Haikai sono
- Una particella grammaticale alla fine di un verso, come il "de" che può esprimere vari complementi sia di luogo che di tempo e che ho inserito proprio per conferire all'alba una dimensione spaziotemporale di connotazione più ampia (qualcosa a metà tra il luogo e il lasso di tempo, un luogo dell'anima insomma).
- Un 季語 (Kigo) ovvero una parola legata ad una stagione, che dia una connotazione spaziotemporale quanto mai immediata alla poesia. In Giappone hanno una sensibilità poetica molto fine e molto propensa all'osservazione della natura, dei suoi cambiamenti stagionali e della sua "definitiva impermanenza", e con questo Haikai la mia idea era di catturare proprio questo senso di impermanenza (無常 mujou) ma tingerlo di una connotazione un po' più decadente, motivo per cui ho usato le forme piane dei verbi e non quelle cortesi.
arigatou gozaimasu, arpea-dono. Perfino in giapponese, tutto questo è stupendo.
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