venerdì 23 marzo 2012

Sulla poesia

Zen: rendere la complessità del tutto nell'estrema semplicità di un cerchio

Prima di presentare questo pezzo che scrissi tempo fa, mi par doveroso allegare qualche precisazione.
1) Ho scritto di getto queste righe mentre stavo studiando il Foscolo per un esame all'università e, sì, in caso ve lo stiate domandando, io studio lingue orientali. E, no, in caso ve lo stiate domandando, non lo so neanche io perchè mi tocchi studiare Foscolo se voglio laurearmi in lingua giapponese. Di qui la ferocia della mia invettiva.
2) Io stesso rileggendo ho notato la presenza di alcune inesattezze, che potrebbero venir notate da altri occhi clinici. Me ne frego, e pubblico lo stesso tutto quanto perchè sempre rileggendo, il pezzo mantiene secondo me la forza tagliente con cui è stato scritto, e quindi mi piace.
3) Nelle etichette trovate la voce Sesi Che Si Imbroscìnano. ora... non sono veramente sicuro che si dica da qualche parte, ma all'interno di una cerchia di amici miei l'espressione designa fondamentalmente chi se la tira. In ispecial modo, chi se la tira senza avere gli elementi per poterlo fare. Quindi fondamentalmente un coglione che starnazza come se fosse il grande saggio della situazione. Quindi fondamentalmente in questo caso Foscolo.
E ora possiamo cominciare^^

Nella vita c'è una cosa che non capisco.
Gli uomini di lettere occidentali oltre a scrivere le loro opere, sembra che abbiano sempre avuto questa particolare esigenza di incasellarle, e sull'argomento hanno scritto altre opere. Si sono scannati sulle distinzioni tra poesia, lirica, epica, elegia, sonetti, odi, romanzi e via discorrendo, e ogni poeta pretendeva nel suo piccolo mondo mentale di essere la risposta definitiva alla Domanda (quale domanda poi?) immaginando di portare un’epocale rivoluzione nel mondo della letteratura, e negando con forza come sbagliati o parziali tutti i precedenti esistenti.
Foscolo ad esempio è considerato tra i più grandi letterati italiani.
Sentirlo dissertare con toni accesi su cosa sia la poesia vera e su quanto sbagli tutto il resto del mondo a pensare che un sonetto d’amore rientri nella suddetta, con argomentazioni inquietantemente simili a quelle dei bimbiminchia che sulla rete si scannano sui generi del rock lo trovo decisamente imbarazzante.
Su tanti livelli.
Come studente, come cervello pensante, come amante della poesia, come Italiano.
Approcciandomi alla cultura occidentale e al modo in cui nei secoli è stata gestita, mi rendo sempre di più conto del senso vero e proprio delle parole di LaoZi  riguardo all’essere antiaccademici e “gettare via la sapienza”.
La filosofia, in particolare quella aristotelica, ha fatto un sacco di danni alla cultura occidentale, perché è degenerata in una forma di auctoritas affine per tanti (troppi) tratti alla religione: in pratica si è tradotta in una morsa per le coscienze, in un giogo per le menti. Invece di porsi come stimolo al pensiero si è posta come limitazione, castrazione dell’attività cognitiva. E quindi ci si è persi per secoli a farsi le pippe mentali su cosa fosse il teatro classico secondo aristotele, mentre in una remota isola a nord shakespeare inventava il teatro per come lo conosciamo oggi.
La filosofia di Aristotele tiene connaturato in sé il germe di un errore epocale che purtroppo si è sviluppato nel tempo: questa mania ossessiva di classificare e incasellare designa un tentativo, goffo, controproducente, idiota e pericoloso, di innalzare l’uomo un gradino al di sopra della Natura. Lo sguardo di un filosofo che cerca di disporre secondo i suoi parametri la natura e che cerca di riordinare i suoi schemi da un punto di vista prettamente personale (e quindi umano) è uno sguardo dall’alto in basso, che a un uomo non è permesso nei confronti della Natura.
Il grande merito del pensiero orientale è l’aver capito che l’uomo è parte della Natura, non suo demiurgo ideologico.
Pertanto un poeta giapponese non si chiede cos’è la poesia, e non scrive libri sull’argomento.
La fa e basta.
E corta. Senza inutili ampollosità e ridondanze barocche. Tre versi.
Credo che la bravura di un letterato stia anche in questo: di rendere la complessità dell’universo così, con poche parole, ma di un’incisività tale da creare un paesaggio mentale quanto mai nitido in chi legge.
Se l’uomo è capace di fare la poesia non c’è bisogno di chiedersi cosa sia e perché la fa.
Bisogna prenderla così, come viene, e apprezzare il momento di BELLEZZA che questa porta nelle nostre vite.
La poesia è una delle tante (e delle più belle) espressioni della Natura, proprio come un filo d’erba, una nuvola, dei sassi levigati dall’acqua.
“la poesia ha come seme il cuore dell’uomo e si espande in mille foglie di parole”. 

1 commento: