sabato 24 marzo 2012

Il mandala musicale

Mandala, in giapponese 曼荼羅, è innanzitutto una parola che deriva dal sanscrito, dopodiché è anche uno di quei concetti talmente particolari e “altri” che fanno dannare chi è alle prese con lo studio dell’estremo oriente.
Io credo (ma lo credo molto umilmente e a testa bassa) di aver carpito l’essenza del concetto, ma per quando sia un discreto affabulatore non riuscirei a comunicare quello che credo di aver compreso.
Lascio la parola a personalità decisamente più illustri del sottoscritto come:

Massimo Raveri (OVAZIONE) professore di Storia delle religioni e delle filosofie del Giappone all’Università Ca’ Foscari di Venezia, MIO PROFESSORE, che li descrive così nel suo libro “Itinerari nel sacro”:
“[…] Mandala originariamente in sanscrito significava piattaforma rituale, cerchio, essenza; designava uno spazio sacro a parte e indicava anche in senso più lato un’immagine dell’universo, una teofania. Nel buddhismo tantrico il mandala ha un’importanza fondamentale: è il disegno di tutte le sfaccettature della perfezione della buddhità, del regno dell’illuminazione. […]”

Massimo Raveri
Fosco Maraini, grande giornalista italiano, innamorato del Giappone e della montagna, uno dei più grandi orientalisti del mondo, descrive i mandala con grande poesia:
Immense cattedrali di pensiero si organizzano in mandala, mappe del cosmo, quasi spartiti musicali dell’universo, dove la sintassi delle emanazioni, delle manifestazioni, delle incarnazioni, si presenta con la topografia concentrica dei fiori e dei cristalli”.


Fosco Maraini
Infine le immagini dei mandala Kongokai (del mondo diamantino) e Taizokai (dell’utero).
Questi due sono conservati al
Tōji di Kyoto e i monaci vi meditavano di fronte cercando di afferrare le geografie nascoste dell’universo spirituale e fisico. Insomma di fronte a queste immagini si cercava di afferrare la totalità delle cose, l’assoluto.

La qualità non è eccellente ma non ho potuto trovare di meglio: i mandala del Toji
Io ascolto la musica con diversi sensi, non solo con l’udito.
Per me la musica è un’esperienza totalizzante, e ciò che apprezzo di più nelle canzoni non è la melodia o il virtuosismo dei musicisti (che pure fa piacere) bensì la capacità che hanno di farmi immaginare, sognare, vivere in altri mondi, evocare paesaggi e immagini mentali.
Ho alcuni dischi che eccellono in questa capacità di sublimare la mera musica in un’esperienza spirituale multisensoriale, quasi mistica.
Ma quello che secondo me è più geniale, sotto ogni punto di vista, è Wish you were here dei Pink Floyd, che io definisco un mandala musicale, proprio perché riassume in sé il principio fondativo del mandala: racchiudere l’assoluto in un medium che sia comprensibile all’uomo.

La geniale copertina di Wish you were here

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