sabato 17 marzo 2012

Maturazione e character design: viaggio di Naruto da punk a messia


Legami tra maestri: il passaggio di testimone da passato a futuro!
Pare che ultimamente lo sport preferito degli otaku su internet sia dire merda di Naruto.
A mio parere se questo accade, è per via della logica dell’ “I knew it before it was mainstream”, ovvero quella legge non codificata ma autoevidente secondo la quale si incensa qualcosa prima che la conosca la grande massa, e quando poi la suddetta cosa diviene di dominio pubblico ci si discosta e la si disdegna.
Nel mondo dei manga spesso l’iter è questo:
-l’otaku di turno sgama le scan dell’ultima hit giapponese: è una figata
-l’otaku ostenta tra forum, gdr, youtube e social network la sua conoscenza “approfondita” in campo fumettistico: l’opera è ancora una figata, degna di essere consigliata alla gente
-la panini annuncia l’edizione italiana del manga: l’otaku è felicissimo, ma non prevede un buon lavoro da parte dell’editore
-mediaset annuncia l’anime: l’otaku si incazza perché mediaset è una merda
-mediaset manda in onda l’anime: la gente lo guarda
-la gente conosce l’anime, qualcuno in più compra il manga: per l’otaku tutto è diventato merda e passa a cercare qualche cos’altro di semisconosciuto ai più per fare l’intellettualoide del fumetto scannerizzato.
Naruto è l’emblema di questo meccanismo.
Per chi ancora non lo sapesse, il manga in questione è la lunga epopea del ninja Naruto Uzumaki, detentore di un potere tanto grande che poco prima della sua nascita minacciò la sopravvivenza stessa del suo villaggio, e che lui non riesce del tutto a controllare; per questo motivo viene emarginato dai suoi concittadini, e il suo essere orfano e poco studioso all’accademia ninja di certo non lo aiuta ad avere la vita normale che ogni dodicenne del villaggio si gode.
Essendo il manga basato su una società di ninja, ed essendo il classico shonen in cui i ninja sono tutt’altro che spie vestite di nero, ma guerrieri appariscenti con poteri alla X-men, possiamo avere un’idea delle tematiche generali della storia, la quale sarà costituita principalmente da una lunga serie di combattimenti.
I personaggi sono tanti, l’ambientazione è talmente ben caratterizzata che sembra fatta apposta per ricavarne un gioco di ruolo, le tecniche di combattimento dei protagonisti sono creative e spettacolari e si prestano benissimo alle animazioni dei videogiochi…
ordinaria amministrazione, penseranno un po’ tutti.
Ma allora cosa rende questo manga davvero speciale?
Sarebbe difficile liquidare il tutto in una parola, ma se proprio mi vedessi costretto credo che sceglierei MATURAZIONE/FORMAZIONE. (che sono due -.-)
Naruto contiene diversi piani di lettura, ma a partire da un certo punto in poi la componente psicologico-spirituale diventa talmente potente da soppiantare quasi completamente, almeno ai miei occhi, tutta l’interminabile trafila di combattimenti che caratterizzano la narrazione.
Chi apprezzava Naruto almeno nelle battute iniziali, lo faceva anche per via del modo tutto particolare del maestro Kishimoto di condurre gli scontri tra apprendisti ninja: i piccoli protagonisti essendo soltanto studenti ricorrevano a poche tecniche ciascuno, e i combattimenti si risolvevano grazie alle strategie, o alla maniera più coraggiosa o intelligente di impiegare le poche carte di cui i personaggi disponevano.
Poi Kishimoto ha delineato uno stacco temporale in un punto cruciale della storia; a questo proposito vorrei far notare come egli sia stato il primo (di una lunga serie) a compiere questa coraggiosa scelta narrativa, ma per questo sia stato abbandonato e bistrattato da tanti fan, secondo me in maniera ingiustificata.
Tornando al concetto di MATURAZIONE, è bene che io racconti come mi sono avvicinato a questa splendida opera.
Conobbi il manga di Naruto poco dopo l’uscita della sua prima edizione italiana… ero in seconda media.
Lo trovai un manga fresco, interessante, pieno di energia, con personaggi fighi e una storia appassionante.
Io ero piccolo, e i protagonisti avevano più o meno la mia età…
per farla breve, quel manga per me ha avuto un po’ l’effetto Harry Potter, ovvero io sono cresciuto di pari passo con i protagonisti, e adesso che sono al secondo anno di università mi ritrovo ancora a seguire con la stessa impazienza le gesta del biondo shinobi settimana dopo settimana, talvolta anche direttamente in Giapponese.
La cosa meravigliosa di Naruto è che la crescita non è stata solo anagrafica, ma assieme a me, assieme a Naruto Uzumaki, anche le tematiche sono diventate più adulte, tanto che adesso fatico a incasellarlo nel target shonen.
Da quando il protagonista è cresciuto sono stati toccati temi come:
-la crescita e il conseguente cambiamento dell’individuo, che porta alla dolorosa fine di un’amicizia
-la morte degli amici e il sacrificio per salvarli
-il rapporto maestro-allievo
-l’amore, impossibile e irrazionale
-l’umanità che si ritrova nel nemico
-la pazzia
-la menzogna
-la vendetta
-la guerra
-la paura del diverso
e questi sono solo alcuni dei macrotemi più adulti che si possono ritrovare nella lunga storia.
E mano a mano che le decine si accumulavano sulle decine dei volumi, Naruto, da piccolo emarginato dispettoso, arriva piano piano a ritagliarsi il suo posto nel mondo, prima con poche amicizie, ma per le quali vale la pena battersi e fare dei sacrifici; poi guadagnandosi la stima anche dei grandi; e infine diventando addirittura l’eroe del villaggio.
La carica fortemente simbolica della conversazione con Pain, della morte di Jiraiya e di come Naruto la metabolizzi rappresentano un fondamentale e rivoluzionario passo avanti sia ai fini della trama del manga, sia per tutto il resto del panorama fumettistico giapponese. Naruto non combatte più per diventare Hokage, e nemmeno come Sasuke, il suo eterno punto di riferimento e come amico e come rivale, per vendicare qualcuno; Naruto combatte per interrompere la spirale d’odio che attanaglia il mondo dei ninja. Naruto vuole portare la pace e trionfare laddove eroi del calibro di suo padre e dei suoi maestri avevano fallito: portare la pace al mondo dei ninja.
E laddove nessuno aveva trovato una soluzione per fermare le continue guerre di vendetta, il giovane spiazza tutti, affermando di volersi far carico, da solo, di tutto l’odio del mondo, per lasciare dietro di se la pace, e lottare da solo contro i demoni di tutti.
Qualcuno storce il naso per i power-up continui e ingiustificati, ma qui, a differenza che in tanti altri manga, il potenziamento e la nuova tecnica diventano metafora di una maturazione interiore del personaggio, manifestazione tangibile di un cambiamento nella psicologia del ninja.
I Giapponesi hanno ancora la ferita aperta della bomba atomica, e lo si percepisce in molti sensi, accostandosi tanto ai film quanto alla letteratura dell’ultimo secolo.
A questo proposito facciamo attenzione alla finezza con cui Kishimoto articola il concetto di Jinchuuriki, ovvero della figura di ninja posseduto da un demone.
In una sorta di guerra fredda tra Paesi ninja, l’equilibrio viene mantenuto grazie al timore che incutono le forze portanti in possesso dei vari villaggi, le quali da sole devono caricarsi sulle spalle la responsabilità per la sopravvivenza di un villaggio che ne ha timore tanto da emarginarle.
Si tratta della logica della bomba atomica, che crea una situazione di stallo perché il suo potere distruttivo fa paura.
I ninja come Naruto, posseduti da un demone nemmeno per colpa loro, non sono altro che il prodotto definitivo di un mondo malato alla radice che Pain vuole sradicare ma che Uzumaki vuole curare.
E Kishimoto ci regala momenti indimenticabili, in cui la finezza psicologica di un personaggio in carne ossa che riflette sul proprio status di arma-con-sentimenti raggiunge picchi ineguagliati.
Personalmente (non voglio fare troppi spoiler) mi sono commosso nel momento in cui Naruto scopre il nome del demone volpe, perché lo fa semplicemente domandando la cosa che nessuno si era mai sognato di domandare prima, per paura del diverso.
In definitiva, Naruto è un manga geniale, che si presta ad essere letto su svariati piani e che a ogni rilettura regala delle sorprese (ad esempio a me che sono nipponista ne regala tante, con le sue frequenti citazioni alla cultura classica del Paese del  Sol Levante).
È per me il manga di formazione per eccellenza, e inviterei i criticoni ad effettuare una lettura critica, prima di criticare perché va di moda!
Su Naruto c’è ancora tanto da dire, e credo che tornerò ancora sull’argomento… ad esempio per provare a rintracciare un po’ di citazioni culturali tra le vignette di questo capolavoro^^ 

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