martedì 12 febbraio 2013

L'Italia che ha paura di ridere


Pochi minuti fa Maurizio Crozza ha cercato di dare inizio al suo sketch comico al Festival di Sanremo.
Dico che ha cercato perchè è stato ostacolato dai fischi di pochi facinorosi.
E dico che erano pochi perchè gli applausi erano molto più fragorosi dei fischi e perchè il pubblico stesso si è messo a litigare coi detrattori urlando loro tra le altre cose di andare fuori. (Arriva in tempo reale la notizia che i provocatori che fischiavano erano due. solo due).
E' evidente come il nano abbia mandato la claque.
Lo spettacolo è stato triste.
Anche perchè pago il canone, e mi dispiace vedere del trash anche nello spettacolo che in linea teorica dovrebbe mettere d'accordo tutti gli Italiani.

Ora voglio riflettere su questo: in Italia la comicità fa paura.
E che io sappia, questo è vero da quando il nano è in politica. A quanto pare non sa stare agli scherzi.
Fateci caso: la situazione quando in un programma televisivo interviene il comico è sempre tesa.
Luttazzi, Cornacchione, la Litizzetto, Crozza, Grillo.
E non venitemi a dire che sono comici schierati (Grillo ok, è in politica da un po' ma gli altri non sono più schierati di un comune cittadino che ha delle idee e in base a quelle vota).
I comici sono persone scomode, sono quelli che si teme sempre che dicano qualcosa che la gente non dovrebbe sapere, sono diventati un po' la coscienza di stato, aprono gli occhi alle persone, e questo a qualcuno non piace, tanto che vengono umiliati, bistrattati e spesso anche denunciati.

Ho la netta impressione che però la gente fatichi sempre di più a cogliere la scissione tra la politica e la satira.
Forse perchè sono vent'anni che chi governa fa il pagliaccio?
C'è chi sovrappone il momento Travaglio da Santoro al momento Crozza da Floris, ma Travaglio è un giornalista e Crozza è un cabarettista. Le cose sono diverse ed è bizzarro e pericoloso il fatto che inconsapevolmente la gente le accosti.
Chi fa satira non fa cronaca, non fa politica, non fa trattati di storia.
Parlavo proprio adesso con un ragazzo che si lamentava di come nel suo intervento Crozza avesse alluso all'unità della Germania come una cosa che si protrae dall'epoca di Carlo Magno mentre invece c'è stato Napoleone ecc. ecc. ecc.
Gli facevo notare che Crozza con questo parallelismo voleva solo far notare come l'Italia sia una nazione da molto meno tempo rispetto alle nostre cugine europee e che non c'è bisogno che sia accurato perchè lui DEVE FAR RIDERE, non deve fare IL PROFESSORE DI STORIA.
Ho sempre pensato, a questo punto mi vien da dire ingenuamente, che il comico fosse quello col compito di far ridere, non di far venire l'ansia.
E io così lo vivo.
E se devo dirla tutta mi risulterebbe alquanto strano dover temere i comici, nel Paese in cui la politica la si fa con la fregna e col pallone, nei salotti televisivi pomeridiani con le intervistatrici improvvisate e prezzolate invece che nelle aule del Parlamento.

I comici si stanno avviando sempre più velocemente su una strada in cui diventano i capri espiatori di un potere corrotto che dirotta su di loro rancori e paure per sviare le attenzioni della gente dalle loro magagne.
Panem et circenses.
Però più prendo coscienza di questo messaggio subliminale che tentano di inculcarci, che il comico fa paura, è brutto sporco e cattivo, più mi assalgono rabbia e dispiacere.
Siamo un paese che non è più capace di ridere.
Siamo il Bel Paese, ma ci avviamo a diventare un paese triste.
Che amarezza.

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