domenica 24 giugno 2012

La fine di Naruto


Sull'Asahi Shinbun di ieri è comparso questo trafiletto che parla del "climax" di Naruto.

In pratica apprendere la notizia ha scatenato in me un serie di emozioni contrastanti: chi è nell'ambiente se lo aspettava tutto sommato, che la fine di Naruto era vicina, e in termini di economia della storia è giusto che sia così.
La parte di me più emotiva invece si è sentita colpita al cuore. Come ho avuto già occasione di dire QUI, Naruto ha avuto per me l'effetto Harry Potter, ovvero quella particolare alchimia che si genera tra il lettore e un'opera quando il lettore cresce rapportandosi con quella certa opera, e i protagonisti di quella certa opera crescono insieme a lui.
Tutto ciò è sfociato nella mia voglia di tradurre il pezzo, come se volessi trovarci una certezza riguardo all'eternità di quel manga che per me rappresenta così tanto...
Abbiate pietà: è il primo articolo di giornale che leggo per intero e che traduco. Ne sono molto orgoglioso, nonostante le imprecisioni di traduzione che sono tante e di cui in alcuni casi mi sono accorto. Commenti e correzioni sono più che ben accetti!!!
Buona lettura, con una lacrimuccia :')

Dal 28 luglio sarà presentato al pubblico il nono film del più popolare fumetto giapponese del mondo odierno, Naruto.
Per la prima volta l’autore originale Masashi Kishimoto ha veramente lavorato sia sul progetto che sul character design della storia.
La pubblicazione sul settimanale Shonen Jump ha raggiunto il suo stadio finale e l’idea che Kishimoto stesso ha covato in questo arco di tempo sta prendendo la forma che aveva pensato di darle.

AUTORE ORIGINALE DI NARUTO, MASASHI KISHIMOTO

NARUTO è la storia dell’ex studente fallito dell’accademia ninja Naruto Uzumaki, che mira a diventare il miglior ninja del suo villaggio, l’”Hokage” superando numerose prove e affrontando la crescita.
La pubblicazione è iniziata nel 1999 e a oggi comprende in totale 60 volumi.
Tradotto e venduto in più di 30 stati e regioni, anche l’anime è trasmesso in più di 80 (stati).
L’idea utilizzata nel film è una, delineare il rapporto di naruto nei confronti dei genitori.
Il padre di Naruto, che è stato il Quarto Hokage Minato, assieme alla madre Kushina sono morti sigillando nel corpo del giovane Naruto il demone volpe a nove code.
“All’epoca in cui cominciai a disegnare NARUTO io stesso non ero nemmeno sposato, e ho finito per decidere facilmente l’impostazione di Naruto come un personaggio senza i genitori. Da quando io ho una famiglia ho pensato che Naruto poteva essere diventato un po’ triste.”
Nel momento in cui tutti i membri della famiglia si riuniscono che bella sensazione proverà Naruto?
“Voglio fargli assaporare un momento in cui poter stare insieme con i suoi genitori.”
Si è pensato che se fosse stata in un film, l’idea avrebbe funzionato.
Per inciso l’impostazione iniziale di NARUTO era incentrata sullo youjutsu (magia della volpe) però, dal momento che ad esempio erano difficili da capire i nomi delle tecniche, sono state apportate delle modifiche al ninja.
Ad esempio nel fare i segni magici con le mani ed esercitarsi nelle tecniche come quella della moltiplicazione del corpo sta la facile comprensibilità del ninja.
Sebbene l’immagine del ninja fantastico Jiraiya, presa in prestito dal teatro kabuki sia stata la prima, si dice che questo manga sia il motivo principale della grande accoglienza dei ninja all’estero.
La pubblicazione “si dirige verso il climax al suo massimo” livello.
Il modo in cui finirà è già ben definito al momento, e poi “(la storia) sta solo correndo a grande velocità verso questo” ha detto.


venerdì 22 giugno 2012

L'essenza della felicità secondo me



Se c'è una cosa che tutti gli uomini desiderano, quella credo che sia la felicità.
Per questo ho sempre riflettuto molto sull'argomento.
Ho avuto i miei periodi neri nella vita, ma di fondo aleggiava quella convinzione che in realtà io sono nato con la camicia e di problemi veramente gravi non ne ho mai avuti, per cui nonostante potessero risultare fastidiosi per me, mi è capitato di non sentirmi legittimato a soffrirne.
In quei momenti ci ho pensato tanto, a come procacciarmi un po' di felicità.
Guarda caso, fino a pochi anni fa ho continuato a credere che quel quid che mi mancava per ottenere la felicità potesse essere qualcosa di materiale: prima il giocattolo, poi il videogioco, poi il disco, la maglietta, dimagrire, quella ragazza, certi amici, un particolare status ritenuto pregevole...
Tutte cose che tra l'altro, qualora ottenute, potrebbero facilmente attirare invidia e malevolenza da parte delle altre persone.
Poi a un certo momento alcuni vettori della mia vita si sono incrociati in un determinato punto e grazie alla convergenza di diverse esperienze e di svariate idee ho cominciato a pensare ad una chiave per la felicità, che funzionasse almeno per me.
Ho focalizzato il mio sguardo interiore sui miei bisogni essenziali e ho capito che ciò che veramente voglio è vivere una vita tranquilla, senza rimpianti, seguendo la mia via sempre con la schiena dritta.
La felicità per me è un cammino, una meta e uno stato al tempo stesso.
Mi sono reso conto che per tanto tempo ho commesso l'errore di considerare felicità un qualcosa che mi mancava e che desideravo.
Il Buddhismo afferma che il desiderio è la causa dei dolori umani; lasciando da parte la religione e mantenendo solo l'assunto a livello filosofico non si può che sposare una conclusione del genere.
Desiderando cose come presupposti per la propria felicità si finisce a correre una vita veloce, nella dimensione dell'eterna attesa di qualche cosa, senza vivere appieno i singoli momenti, preda della tendenza ad appropriarsi nel minor tempo possibile dell'oggetto dei desideri, consumarlo in tutta fretta e passare al prossimo oggetto.
Non voglio passare per quello che fa il superiore nei confronti degli altri, e anzi credo che questa sia la cosa più umile che io abbia mai scritto, ma le cose non funzionano più così per me, e questo perchè ho trovato una  mia dimensione che funziona per me e solo per me.
La felicità per quanto mi riguarda non si trova nelle cose che mancano, nè nelle cose che desideriamo.
La felicità per me è un modo di essere, ma si trova sia nell'hic et nunc che nel futuro, quindi comporta sia il vivere appieno ogni secondo della mia esistenza per quanto possibile, sia la tendenza al miglioramento di me stesso in prospettiva dei tempi a venire. Potrei dire che quando guardo alla mia felicità guardo a qualcosa che è dentro di me, che posseggo già e che devo cercare e migliorare, piuttosto che qualcosa fuori di me, di cui mi devo appropriare perchè mi manca.
Questo modo di vivere e pensare mi estranea dai binari della logica della gente ordinaria, per cui è come se le piccole persone che si affannano come formichine per comprarsi quello, avere quell'altro, farsi vedere in un modo piuttosto che in un altro, le vedessi scorrermi davanti mentre sono comodamente seduto sulla veranda di casa.
E per forza di cose ragionando così mi tiro fuori facilmente anche dalle invidie degli altri, che o non si interessano a me, o se lo fanno sono io che non mi interesso particolarmente a loro (non sempre almeno).
Tante cose sono cambiate da quando ho capito cosa mi rende veramente felice: ho meno complessi, meno paranoie, non ho paura degli sguardi delle persone, sono molto più sicuro di me.
Ho piena coscienza che finchè percorrerò la mia via inseguendo valore, saggezza e felicità, sarò una persona soddisfatta di se stessa, e finchè continuerò a pensare a ogni singola azione che faccio prima di farla, come se la mia vita fosse una partita a shogi, anche nell'errore saprò fornire delle motivazioni ai miei gesti e sarò consapevole che il vuoto in me non è altro che uno spazio di potenzialità infinita.
E' come se avessi gettato in me le fondamenta di una solida base da cui partire per affrontare la vita.
Fondamentalmente sarò stato felice se in punto di morte mi riterrò soddisfatto di come ho vissuto.
Mi piacerebbe rimanere fedele a me stesso e alla via che ho deciso di seguire, perchè vivere così mi sta portando tanti benefici.


mercoledì 20 giugno 2012

Perchè non mi è piaciuto Spider Island e invece mi è piaciuto Flashpoint

DOVEROSE PREMESSE:
Ci sono due fattori che sicuramente hanno influito sul mio giudizio, anche se in modo marginale penso.
In primis, Spiderman l'ho letto per tanti anni, mentre Flashpoint è la prima storia di Flash che leggo in vita mia.
Secondo, Spider Island l'ho letta in piccole dosi ogni quindici giorni mentre Flashpoint l'ho letta tutta d'un fiato in un'ora.



Spider Island è una bella storia, ma non eccellente. In pratica per via di una serie di fattori che rimandano alla saga del clone e allo spin off ragnesco di Vendicatori Divisi, delle cimici dei letti con poteri ragneschi cominciano a mordere i newyorkesi, così da infestare Manhattan di Uomi Ragni. Cosa non mi ha convinto?
Tante cose: innanzitutto penso che il concept di questa saga, per quanto dannatamente interessante, sia decisamente circoscritto.
Per "circoscritto" intendo che è una di quelle cose che dici "oh, che figata se tutti i newyorkesi beccano i poteri del ragno" ma poi si chiude lì; tipo "che bello sarebbe se ci fosse un film live action di Dragon Ball come si deve" o "nel prossimo film degli Avengers voglio Spiderman, Wolverine e un cammeo di He-Man and the Masters of Universe", roba che ipotizzi ma non vai oltre.  Non è facile (forse non è proprio possibile) articolare una cosa del genere in una storia. Cioè, può andare bene per un'immagine singola, per un what if. Ma sinceramente non vedo direzioni da far prendere a un arc in cui un'intera metropoli guadagna i poteri di un supereroe.
Spider Island si configura come un lungo battle royale tutti contro tutti di supereroi, supercattivi e supergentecomune per culminare in quello che io considero il finale più odioso (nonchè abitudine tra le più dure a morire in casa Marvel) che una storia di supereroi possa avere: il "cambiamo tutto per non cambiare niente".
Perchè alla fine della fiera non è che dopo questa saga ci sia un arricchimento del personaggio, un qualcosa di significativamente diverso...
Come fu per il già citato spin off ragnesco di vendicatori divisi in cui Spider Man finiva per diventare un enorme ragno, che diventava un bozzolo, che diventava un Peter Parker più forte capace di lanciare ragnatele direttamente dai polsi, ma poi dal nemico dopo le beccava uguale quindi più forte un par di palle.
E il fatto che la villain (di cui grazie a dio ho rimosso pure il nome) sia la stessa già ti fa nasare la puzza di merda a distanza.
I disegni di Ramos non li ho mai potuti godere troppo, che delle volte sembra che disegni il Tarzan della Disney.
Infine una considerazione.
Io vivo Spider Man come un supereroe solitario. Questa nuova politica di farlo bazzicare nei gruppi perchè Spider Man piace la trovo a tratti opinabile e a tratti proprio deleteria.
Ci sono abituato oramai che il Ragno sia culo e camicia coi Vendicatori (quali dei 500 gruppi di Vendicatori diversi?) però vivo lo stesso il personaggio come snaturalizzato.
Voglio dire: gran parte dei problemi che affliggevano Peter nelle storie classiche facevano capo ai macrotemi della solitudine e dell'incomprensione, problemi che appunto si sarebbero potuti risolvere tranquillamente se Spider Man fosse entrato in un gruppo, vanificando tanta riflessione, tanta poesia e tanti racconti che hanno fatto la storia del personaggio. Sarebbe come se nella storia di un naufragio, i naufraghi approdassero su un'isola deserta dove però c'è una nave nuova nuova pronta per ripartire: verrebbe vanificato il concetto di situazione problematica che l'ambiente "isola deserta" conferisce alla storia tramite la presenza di quella nave nuova nuova. Sarebbe come se Devil riacquistasse la vista...
Quindi vedermi Spider Man in questa torma urlante di personaggi coi suoi poteri, in una storia leggibile si, ma che non lascia il segno, mi ci ha fatto rimanere totalmente indifferente. Tanto che l'ho droppata a due numeri dalla fine e me la sono andata a leggere su Wikipedia.




Flashpoint è la mia prima storia di Flash e mi ci sono approcciato con curiosità, per rintracciare le radici del reboot DC. Ce le ho trovate solo parzialmente. Ma non è questo l'importante.
Non conosco Flash quindi non so bene dove questa storia affondi le sue radici, fatto sta che a un certo punto il Velocista Scarlatto si sveglia da una pennica in un mondo in cui qualcosa non va.
Gente che dovrebbe essere morta è viva e vegeta, continenti che dovrebbero essere vivi e vegeti sono sommersi (per colpa dell'inutile), Batman è mezzo rosso invece che giallo...
E Flash non ha più i poteri.
Nella nuova dimensione temporale tutto è diverso: Aquaman e Wonder Woman si stanno facendo guerra in Europa, nel senso che il primo ha sommerso Spagna e Francia e la seconda ha conquistato l'Inghilterra. E' l'apocalisse e il teatro in cui l'Altrimenti Inutile può dare sfogo alla distruttività del suo potere. No, non parlare coi pesci, l'altro.
Il Batman di questo universo schiaccia un po' tutti gli altri personaggi con la sua personalità titanica che emerge da ogni pagina. Ci sono i momenti divertenti, i momenti commoventi, i momenti avventurosi, i momenti tamarri.
Insomma c'è tutto il meglio che uno si aspetterebbe da una storia di supereroi.
E dei disegni che levati.
Talvolta le atmosfere della storia mi ricordano decisamente gli anni 90... soffermandomi su certe ambientazioni mi sono venute in mente cose come Gargoyles, Biker Mice, il cartone dell'Uomo Ragno che faceva su Solletico, e in generale quelle ambientazioni cupe, metropolitane, un po' Top Cow, un po'Image, nonsobenecomediremamisonovenuteinmenteecco.
Sono tutte associazioni mentali non totalmente giustificate, ma a me sono venute in mente quindi oh.
Ci avete fatto caso che da un po' di anni a questa parte nel mondo dei comics si riscontra questa tendenza degli sceneggiatori di scimmiottare lo stile dei telefilm che vanno di moda adesso? La battutina arguta per forza, il personaggio sagace con la personalità esuberante che dici "questo è un figo", le tematiche da storia d'amore romantico-pezzente (anche se il fumetto è di supereroi) etero o gay che sia...
Bè, qua non c'ho visto niente di tutto ciò.
E ho apprezzato da dio.
Sia chiaro, adoro i telefilm e le loro sceneggiature piene di battute taglienti e tutto, ma questa roba me la aspetto da un telefilm, mentre da un fumetto di supereroi non mi aspetto How I Met Your Mother in costume. E questa, nonostante il tema inflazionato dei viaggi nel tempo che alterano le cose, è una gran bella, VERA storia di supereroi come non ne leggevo da un bel po' di anni!
10 e lode!!!

venerdì 15 giugno 2012

自然




Dolce e meravigliosa, 
maestosamente bella come guardare un cielo primaverile 
leggermente screziato di nuvole bianche dal tetto 
di una casa di legno in mezzo a un bosco. 
Il tuo bacio come bere dall'acqua di una 
fonte di montagna, il cui sapore è quello 
del ritorno alla natura. 
I tuoi occhi guizzanti come la scintilla 
che accende il fuoco che rischiara la notte, 
rifugio sicuro al quale tornare quando 
si è immersi nelle tenebre incerte. 
Il tuo soffio vitale come il vento che mi scompiglia 
i capelli e mi scombussola l'anima, 
rendendola tutt'uno con la tua. 
Sei la magia della vita: 
quel qualcosa che dalla semplice esistenza 
cambia completamente l'orientamento al mio essere. 
Ora, al tuo fianco, Vivo...




giovedì 14 giugno 2012

Shadow of the Colossus 3: awsome as fuck

Il quinto colosso.


Colossi abbattuti: 5


Avevo detto che avrei parlato della storia? E invece no.
Perchè non c'è niente di nuovo sotto il sole, ma a ben pensarci non sono neanche a metà, e il gioco ha tutta l'aria di non essere così schietto, banale (a livello di dinamiche di gioco, naturalmente, non in quanto a tematiche) e minimal come appare.
Dopo aver abbattuto un colosso Wanda sviene e si risveglia sempre nel maestoso tempio da cui tutto è iniziato; a ogni risveglio c'è qualche piccolo particolare che cambia, ma in un ambiente così vasto e vuoto anche il minimo spostamento di polvere produce una eco mastodontica e quindi sembra proprio che quei piccoli dettagli siano pezzi di un puzzle che prima o poi devono iniziare a ricongiungersi.
In pratica il giocatore vive la sua esperienza nella continua tensione che prima o poi qualche piccola dinamica che volutamente ci hanno fatto percepire come ripetitiva, si incrini. E questo crea un senso di sorpresa mista a timore.
Ma per ora ancora niente di concreto.
In compenso ho abbattuto altri due colossi e BABBABIA.
Non sto a fare la telecronaca della guerra spadata per spadata, ma all'alba del quinto gigante posso confermare con tutti i crismi che le tattiche d'assalto dei singoli colossi sono DRAMMATICAMENTE DIVERSE L'UNA DALL'ALTRA. Che vuol dire che anche dopo aver eliminato cinque bestioni non ti puoi permettere di ritenerti un giocatore esperto, o quanto meno abituato alle dinamiche di gioco, perchè ogni nuova lotta presuppone un ricominciare da capo, un rimettersi in discussione.
Il quinto colosso però ve lo devo introdurre: è il cocorito nella foto.
Dice: "si mbè, ne ho fatti secchi quattro, che se la matematica nunn'è n'opinione so un figo, e mo me ne cucino un altro perchè me so abituato. Tanto se casco dal colosso casco petterra. E vaffanculo"
E il gioco ti sodomizza psicologicamente presentando Avion Avis Praeda (nome attribuitogli da Wikipedia, che io non ho fatto in tempo a chiedergli "come ti chiami"), un colosso volante, da affrontare in un lago.
...
..
.
Si, lo so, è troppo figo per essere vero.
E' troppo quello che ho sempre voluto in quella parte più recondita dei miei desideri che non ho mai osato nemmeno presentare al me stesso fuori dai confini del subconscio per paura di sbattere il grugno contro il muro dell'impossibilità da parte della vita concreta di realizzarli.
E invece vaffanculo, affronti un drago volante senza neanche avere la terra sotto i piedi, che è la cronaca di una morte annunciata, una battaglia persa in partenza e nonostante tutto ti lanci al galoppo verso sto lago con la felicità nel cuore perchè stai facendo la cosa più figa della tua vita di videogiocatore da quando hai catturato Mew su Pokèmon Blu.
Non mi soffermo su come ho tarpato le ali alla megarondine che fa primavera, bensì vorrei rendervi partecipi di qualche mio personalissimo stato d'animo.
Nella vita mi piace farmi colpire, stupire dai paesaggi.
Cerco una cosa del genere anche nei videogiochi e SOTC soddisfa questo mio desiderio di stupore di fronte a scorci e vedute emozionanti della natura selvaggia e incontaminata.
A questo proposito, fin da bambino ho sempre adorato la parola "ANCESTRALE".
Perchè dico questo?
Bè, perchè se mi chiedessero di definire SOTC in una sola parola, "ANCESTRALE" è quella che sceglierei.
Secondo la definizione da dizionario, l'aggettivo designa "qualcosa di tramandato dagli antenati", ma per me assume un senso diverso, più ampio e totalizzante.
"ANCESTRALE" (che, andiamo, già a livello di sonorità è una parola evocativa. Lasciatevela girare in bocca... vi sembrerà di penetrare le pieghe e i risvolti del tempo) si richiama ad una pubblicità che trovai da bambino su un numero di Topolino, che snobbai brutalmente (il numero di Topolino intendo), così impegnato com'ero a imprimere a fuoco nella mia memoria quella paginetta: "La Storia Ancestrale".
Era un'illustrazione favolosa che raffigurava un uomo seduto sulle radici sporgenti di un enorme albero, in un bosco, e di fianco a lui un essere antropomorfo dalla faccia di facocero, dotato di faretra; il tutto in toni tenui che richiamavano il colore di una antico grimorio o di una pergamena.
Più di dieci anni dopo ancora non so cosa pubblicizzasse quell'immagine: secondo internet potrebbe essere un gioco da tavolo, una raccolta di libri, una raccolta di fascicoli o un gioco di ruolo.
Probabilmente non lo saprò mai, ma quell'immagine ha forgiato una parte importante del mio modo di figurarmi certe cose, e ne parlo perchè da allora "ANCESTRALE"  per me significa un certo tipo di fantastico, una visione idillica della natura, compenetrata dalla magia, in armonia con l'uomo, qualcosa di completamente avulso dal concetto di tempo, quindi difficilmente collocabile.
Chi ha letto anche gli altri due pezzi su SOTC avrà capito che questa idea del termine  "ANCESTRALE"  rappresenta esattamente i cardini dell'estetica di questo capolavoro videoludico.
Il lago che fa da dimora al quinto colosso è un'ambientazione FANTASMAGORICA, come non ne avevo mai viste fuori dalla mia immaginazione.
Da una stretta gola si sbuca su uno stagno, circondato da alti picchi; di fronte a te le vestigia di un antico e maestoso palazzo semi-sommerso, che ti suscita quel fascino poetico degli imponenti resti di civiltà antiche di mondi fantastici che Tolkien con le Miniere di Moria...
Ci sono enormi portali, palizzate di ferro, torri e resti di colonne e guglie e pinnacoli e ampi corridoi che emergono qua e là dalla superficie dell'acqua. E tu per un attimo (ma anche più di un attimo) ti dimentichi di dover combattere contro un enorme volatile di pietra e ti fermi incantato a contemplare la Bellezza dell'ambientazione, e ti domandi, in un mondo così deserto e arido, chi mai si sia sobbarcato la fatica di costruire un castello così maestoso, del perchè lo abbia fatto, di come conduceva la vita chi lo ha abitato, o se magari sia deserto come condicio sine qua non. E ti domandi anche dei "chi" e dei "perchè" del tempio dell'inizio, una mastodontica torre di Babele visibile all'orizzonte da ogni location del mondo di gioco, come fosse un'eminenza grigia, sempre vicina, ma comunque impenetrabile.
Si capisce che amo questo gioco?
Il prossimo post sarà breve, così non mi maledirete oltremodo, e parlerà di pubblicità...

mercoledì 13 giugno 2012

Shadow of the Colossus 2: imparerai a odiare la telecamera

Il terzo colosso, mi ha fatto sudare sangue.

Colossi abbattuti: 3


Oggi parliamo in modo un po' più specifico di come atterrare queste montagne che camminano, e di quanto farlo sia epico.
Personalmente ho sempre avuto questa scimmia pesante per i boss di fine livello enormi. Anzi no, ENORMI.
Non so, ma mi piace vedere sullo schermo qualcosa dalla grandezza soverchiante che io devo piano piano demolire, tipo termiti di Tom e Jerry.
Motivo per cui mi piacciono cose come Metal Slug, Monster Hunter, Kingdom Hearts e simili.
Qui, dato che il fulcro del gioco sono i colossi, il concetto di meganemico è portato all'estremo.
Il momento in cui ci si trova di fronte al primo gigante del gioco lascia spiazzati, della serie "e mo che cazzo gli racconto?". Sembra quasi una cosa crudele, come se in un gioco normale, dopo cinque minuti di partita di cui tre di filmato si venisse scaraventati direttamente contro il boss finale.
Si è già detto che il nostro personaggio, Wanda (che in Giapponese si chiama Wanda e gli occidentali lo chiamano Wander ma Wanda è più bello. Ce non va letto Vanda ma Uanda) è armato di spadina, arco, mani e cavallo no?
E insomma, il nemico lo vedete.
Chiaro come il sole che l'arsenale in dotazione non vale un cazzo.
Il senso dell'intero gioco sta nel far valere qualcosa il nostro arsenale del cazzo, e qui ci vengono in aiuto le capacità atletiche di Wanda, sempre pronto ad arrampicarsi sui colossi e farsi sciusciare come una mosca tze tze.
Ogni colosso ha dei punti deboli.
Sta a noi trovarli e agire su quelli; come facciamo? Esattamente come abbiamo fatto per rintracciare la creatura, ovvero puntando la spada contro la pallida luce del sole e orientando il raggio riflesso finchè non ci rivelerà dove colpire. Molto spesso questi punti deboli si trovano a parecchi metri da terra, quindi dovremo aprirci una strada addosso al gigante, in modo da raggiungerli.
Diventerà essenziale studiare il comportamento del nemico e sfruttare a nostro vantaggio abitudini, movimenti e attacchi delle creature che ci troveremo ad affrontare di volta in volta.
Ogni colosso ha punti deboli diversi e diverse vie per raggiungerli, e questo ovviamente non può che giovare all'esperienza di gioco, scongiurando il pericolo ripetitività.
C'è quello che ha delle piante rampicanti su una caviglia, le quali possono essere sfruttate da scala, ce n'è un altro che bisogna farlo accasciare, sennò non ce la farai mai a prendere la corriera!
Ma c'è da contare che durante i nostri tentativi di scalata (che già scalare le cose ferme non è facilissimo), il colosso non se ne starà fermo a guardare: nella migliore delle ipotesi continuerà a muoversi per cazzi suoi, a meno che non gli diamo fastidio o non lo colpiamo, perchè allora comincerà a dimenarsi con l'intenzione di schiacciarci o farci cadere.
E qui imparerete ad odiare la telecamera, che si auto-posiziona con dei focus che se fosse una persona umana la prenderesti a pugni, e ti rendono difficili momenti in cui dovresti saltare da un braccio in movimento a una gamba in movimento.
Abbiamo un limite di tempo entro il quale Wanda si stanca di stare appeso e quindi cade: questo è un bel problema, e ci spingerà a calibrare bene i movimenti una volta sul colosso invogliandoci a compiere azioni celeri.
Alle volte invece sarà necessario interagire con l'ambiente circostante, come nel caso del colosso dell'immagine (che tra l'altro una voce dal cielo sostiene che "la sua armatura sembra leggera", che capisci che vorrebbe essere un indizio ma non capisci per fare cosa e poi sinceramente non ti sembra tanto leggera quella cazzo di armatura, che ha un pezzo della torre di un castello incastonato nel braccio) per riuscire ad aprirci la via della vittoria!
In definitiva l'approccio alla caccia dei giganti non è di tipo action "mi-lancio-contro-la-montagna-premendo-a-ripetizione-il-tasto-attacco-per-diversi-minuti-finchè-non-crolla", bensì è più improntato alla tattica e alla strategia. Come nelle battaglie di samurai, non ci si lancia all'attacco a cazzo di cane: si può stare anche dieci minuti fermi a studiarsi ma l'attacco risolutivo deve essere uno solo e bello mirato.
Come per Monster Hunter quindi, ci vuole pazienza: è con quella che si vince, non con una raffica di bottoncini pigiati.
Entro la prossima parte della recensione conto di aver sviscerato abbastanza storia da poter parlare di qualche interessante sviluppo.
Alla prossima^^

martedì 12 giugno 2012

Shadow of the Colossus 1: prime impressioni a caldo

Il secondo colosso

Colossi abbattuti: 2


Questa non è una recensione vera e propria.
Shadow of the Colossus è talmente bello che non basta un solo post per rendere l'idea.
Oggi l'ho appena cominciato, quindi parlerò brevemente delle dinamiche di gioco fino ad ora e delle mie impressioni a caldo.
SOTC è qualcosa di mai visto e di totalmente nuovo nel panorama videoludico, quando esce nel 2006.
Ricordo ancora la prima volta che lo vidi su uno scaffale: mamma era al mio liceo a una riunione dei genitori e io e papà andammo a fare la spesa. Sapevo di questo gioco e mi aveva attirato da subito, ma non lo comprai perchè costava tanto e mi vergognai di chiedere a papà di sborsare 50 euro, a favore di un molto più economico Dragon Ball, che pure mi mancava e mi piaceva.
Da allora non lo trovai più SOTC, ma le mie impressioni vennero confermate e questo gioco venne consacrato da critica e pubblico come uno dei migliori per la Ps2.
Bè, ora ce l'ho e l'ho cominciato.
Non parlerò della trama in modo approfondito, perchè per dove sono arrivato ora non sono ancora emersi risvolti significativi che esulassero dall'incipit, ovvero un ragazzo su un cavallo che trasporta un involto.
Varcato un portone monumentale, il cavaliere si ritrova su un esile ma imponente ponte sospeso su una piana sconfinata e dopo averlo percorso si ritrova in un tempio che ha tutta l'aria di essere maestoso e abbandonato.
Nell'involto c'è una donna, che viene deposta su un altare e si scopre che lo scopo del cavaliere è quello di farla tornare in vita, motivo per il quale si è recato nella desolata landa oltre i confini del mondo che poi è l'ambientazione di questa epopea.
Uno dei punti forti del gioco sono le ambientazioni, magnifiche, monumentali, desolate, con un'illuminazione particolare e strana, che rende tutti i colori soffusi, ovattati, anticati.
Ogni pixel rende perfettamente l'idea di qualcosa che sia fuori dal tempo, dallo spazio e da ogni contestualizzazione.
SOTC è un gioco concepito per stimolare emozioni.
Per quanto riguarda il gameplay, stiamo parlando fondamentalmente di un gioco free roaming, ovvero con libertà di movimento massima.
Ci troviamo in un mondo desolato e il protagonista sembra essere l'unico umano (non contando la ragazza morta che giace sull'altare); l'ambiente è liberamente esplorabile fin da subito e nulla scoraggia il giocatore dal lanciarsi in viaggi senza meta alla ricerca di paesaggi mozzafiato, tanto non esistono nemici da combattere che non siano colossi.
Il protagonista possiede una mappa, una spada, un arco e un cavallo. Nient'altro.
La spada è antica e magica ed oltre alle sue proprietà offensive, ci sarà utile per rintracciare i colossi sparsi per il mondo di gioco.
Puntando la lama contro la luce infatti un raggio riflesso ci mostrerà la strada verso il prossimo gigante, e starà a noi andare a dargli del filo da torcere in groppa al nostro veloce destriero.
I misteri sono tanti e il gioco si prospetta corposo e gratificante.
Nelle prossime puntate parlerò in modo più approfondito delle battaglie contro i colossi, degli sviluppi della storia, delle emozioni che il gioco mi ispira, delle riflessioni generali e quant'altro mi verrà in mente.
Fondamentalmente spero tramite i prossimi post, di trasmettervi l'amore per questo videogioco, ma più in generale per un intero genere di videogiochi e per una modalità particolare di approcciarli!
STAY TUNED! ;)

domenica 10 giugno 2012

Sket Dance, un manga un perchè



Eccoci qua a parlare della crociata di Planet Manga contro Sket Dance.
Prima di questo non mi ero mai lamentato più di tanto di Panini, ma oggi siamo arrivati a una presa per il culo del lettore talmente ostentata che ti viene da ridere.
Perchè se il primo numero di Sket Dance era stampato su carta da forno e rilegato dalla Scimmia Bonga, il secondo numero era rilegato perfettamente e tutti gli errori di confezione erano stati sanati, perciò in incoscienza/euforia pre-esame-di-giapponese l'hai visto così perfetto in edicola e te lo sei comprato.
Ieri lo leggi (prima non hai potuto a causa degli esami) e noti che sarà buona la confezione, ma la traduzione è una cloaca maxima.
Era dai tempi di Slam Dunk che non vedevi una traduzione così sboccata e piena di parolacce di ogni tipo; ok, su Slam Dunk ci stava e ti ricordi "scrofa" con immenso piacere, e poi anche tu dici una valanga di parolacce, ma ti urta ritrovartele in un manga per adolescenti, che dovrebbe essere una leggera commedia scolastica.
E tu che sai un po' di giapponese ti accorgi che certi possono starci, ma di certi altri improperi non esiste nemmeno una controparte in giapponese e sono rese volutamente grezze e volgari a gusto del traduttore.
Che lo appenderesti coperto di miele in mezzo agli orsi.
Ma prima di leggere il numero due sei andato in fumetteria a vedere com'era il tre, perchè ti sei ripromesso che lo avresti comprato se la confezione fosse stata buona (quando, povero illuso, ancora non sapevi che andavi incontro a una traduzione che in confronto Colorado Cafè sono lezioni di galateo).
La confezione era una merda come quella del primo numero e coi tuoi amici ti sei pure domandato perchè cazzo Planet Manga faccia una cosa buona e cento storte, e anche in occasione della cosa buona si adoperi alacremente per sputtanare il ben fatto.
Ma non finisci di mettere a punto questa riflessione che leggi su internet che il numero quattro di Sket Dance costerà 4 euro e 20 centesimi (aumento meritato per un'edizione che fa così cagare...).
Avevi già deciso che non lo avresti comprato, ma ora ti piacerebbe fare qualcosa di attivamente dannoso nei confronti della Planet, che sta attivamente rovinando questo manga.
Non se ne salva un numero.
Tanto che ti stai domandando se per caso Sket Dance alla Panini non gli stia sul cazzo.

Il reboot DC non è un reboot

Mercoledì ho avuto l’ultimo esame di quest’anno accademico, e dato che fatto questo per un po’ sono libero (ma anche no, perché in capo a una settimana mi rimetto a studiare giapponese da capo) mi sono lanciato in fumetteria a compare un po’ di fumetti arretrati, che in fumetteria non ci andavo da mesi per ragioni di studio.
- Piccola precisazione in merito alla questione fumetteria: alcuni degli spillati DC dovrebbero trovarsi in edicola… bè, STOCAZZO. Ho guardato a Piacenza, Bologna, Mestre, Venezia e NADA. Non so se per distribuzione in edicola intendano solo intorno ad Afragola e Milano… -
Mo, la fumetteria di Mestre è grande, ma è fatta così, che se tu non compri il fumetto la settimana che esce non lo troverai per mesi, finchè la cicciona sdegnosa e scorbutica che infesta il luogo (ci lavora) non si degna di richiedere delle copie (che comunque arriveranno dopo un sacco di tempo perché siamo in Italia. E ti viene il dubbio che se le mangi la cicciona).
Con sto giochetto tra le altre cose mi sono fottuto Golgo 13. Ma vabbè, ho trovato il reboot DC e ne ho comprato alcuni albi.
Ho già parlato di quanto io veda i reboot come trappole mangiasoldi, e onestamente fosse stata una roba Marvel l’avrei evitata come la peste, ma di fumetti DC dato che in Italia li hanno sempre pubblicati in modo atroce non ne avevo praticamente mai letti, quindi per me si può dire che questo non sia stato un reboot perché mi manca un po’ tutta la parte prima.
Al di là dei pareri soggettivi si può affermare anche oggettivamente che questo NON SIA UN REBOOT.
Prima di passare alle recensioni numero per numero infatti vorrei permettermi una riflessione:
Tutte le storie che ho letto cominciano in medias res.
Quindi non aspettatevi di trovare nei numeri di maggio le origini di qualche supereroe, e non aspettatevi nemmeno che qualcuno vi racconti i background dei personaggi; almeno, non sempre e non di tutti.
Quindi leggete questi albi con di fianco Wikipedia in inglese che per i riassunti delle saghe fumettistiche è meglio che i Bignami per la letteratura italiana.
Inoltre ogni storia si pone su una linea temporale diversa e non capisci bene come collocarle, ma di questo parliamo fra un po’.
Fondamentalmente quindi il reboot DC per come lo vivo io è solo un “modifichiamo qualche costume e mettiamo il numero 1 su tutte le nostre copertine”.
E ora via alle recensioni degli albi!




JUSTICE LEAGUE 1 (con la miglior copertina di un comic americano da tipo sempre)
L’albo contiene:

-Justice League 1 di Johns e Lee

Incuriosito dal fatto che negli USA sia la testata best seller dell’anno, ci sono andato sicuro a comprare Justice League, che poi scrive Johns che non ho troppa dimestichezza ma pare che sia un capoccia della DC e uno molto amato e quotato, e disegna Jim Lee che è il mio disegnatore di supereroi preferito.
Lo trovo assolutamente perfetto.
La storia si piazza 5 anni prima rispetto a (in effetti rispetto a cosa? È la prima storia e comincia già in flashback anche se non sappiamo cosa succeda dopo… mah) in un periodo in cui i supereroi non sono visti di buon occhio dalla gente perché sono una cosa nuova, continuano ad aumentare e sembrano una minaccia. Compaiono Batman, Lanterna Verde e Superman di sfuggita. Battute al fulmicotone e storia inconsistente, suppongo a causa dell’esiguo numero di pagine, ma mi aspetto tanto da questo fumetto, perché mi è piaciuto!

-Justice League International 1 di Jurgens e Lopresti

La storia che mi è piaciuta meno dell’intero albo. Non per qualcosa. A pelle.
Praticamente è la storia del reclutamento della JL dei comprimari pezzenti in cui però compare anche Batman sennò non credo che l’avrebbe comprata nessuno. Bei disegni ma niente di eccezionale, storia già vista ogni volta che si tratta di reclutare una banda di gente di talento, da Ocean’s Eleven ad Avengers, passando per la Lega degli Uomini Straordinari e X-Men le origini. E c’è pure il classico negro pelato cinico e superinfluente che ricorda un Nick Fury  con dieci decimi in più. Qualche battuta ben assestata devo ammettere di averla letta. Vediamo come va.

-The Savage Hawkman 1 di Daniel e Tan

Questo assieme a freccia verde era uno di quei personaggi che quando lo vedevo non conoscendo l’universo DC mi veniva da ridere. Una sorta di gladiatore gay con un casco da aquila un po’ cavaliere dello zodiaco, un po’ vattianascondere.
E invece leggo chi è questo tizio e sembra interessante: è un archeologo entrato a contatto con un metallo alieno e ci si è forgiato quest’armatura. Non ho ben capito l’inizio della storia in cui l’archeologo sembra sparare alla sua armatura cosparsa di roba infiammabile e non ho ben capito la sequenza nel laboratorio del ricercatore ma sarò tardo io.. i disegni mi sono piaciuti molto e Tan mi sembra di averlo già visto da qualche parte ma non ricordo dove.



LANTERNA VERDE 1 (con in copertina Marlon Brando smagrito incazzoso scottato dal sole e con la stempiatura di Vegeta)
L’albo contiene:


-Green Lantern 1 di Johns e Mahnke

Non è un reboot. E qua lo capisci smaccatamente perché la storia è proprio il seguito palese e strafottente del numero prima che tu non hai, e pensi che dietro a un  numero uno non ci dovrebbe essere molto altro ma vabè. La vicenda prende le mosse da eventi che tu non sai (e te li vuoi andare a leggere su Wikipedia) per cui il protagonista Hal Jordan non è più una lanterna verde mentre il cattivo storico, Sinestro, torna ad esserla. Colpone di scena finale e vuoi da dio continuare a leggere. Le scene del salto dalla finestra e della cena fuori sono epiche. 



-Green Lantern Corps 1 di Tomasi e Pasarin

Mi piace Lanterna Verde perché è il più “manga” dei supereroi, quello più concepito come un Naruto o simili. Lo penso per via del fatto della presenza di tanti gruppi, tutti con poteri diversi, ambientazioni fantastiche, particolareggiate e ben caratterizzate e definite (non solo la classica metropoli americana), roba da cui potresti trarre un MMORPG. Questa serie parla di questo: del corpo delle lanterne verdi e non solo della lanterna verde terrestre. Questo conferisce alla storia una diversa sfumatura, che non è più quella del genere supereroistico ma diventa una storia di fantascienza spaziale, guerre fra pianeti e cose così. Bellissimo il discorso tra due delle lanterne verdi terrestri sulla vita normale e la vita da supereroe. E bellissimo il fatto che qui come altrove (in Batman ad esempio) la DC riesca a dare sfumature decisamente diverse e parecchio caratterizzanti ad ogni testata, cosa che la Marvel non fa. Spiego meglio fra un po’…



-Green Lantern New Guardians 1 di Bedard e Kirkham

Lanterna Verde è gay. La cosa gira su internet e se non la sai non hai internet. La scoperta suscita in te istinti contrastanti che vanno dal “il supereroe frocio non lo voglio perché poi la buttano troppo sul finto buonismo e poco sulle mazzate”, “è una contromossa alla commercialata marvelliana degli X-YMCmen” e “interessante però, voglio vedere come gestiscono la frocezza e i supereroi” .

Comprando il fumetto ho scoperto che non c’è un’unica lanterna verde sulla Terra e quella gay compare in questa storia. Che è una figata. Il personaggio è un disegnatore di fumetti squattrinato, che viene reso lanterna mentre stava cercando di pisciare in un vicolo perché il cesso del locale era occupato. Il finale della storia getta le premesse per sviluppi davvero interessanti, e se sai che è gay [attenzione spoiler] sgamare le avvisaglie della gaiezza del protagonista è qualcosa di SUPERLATIVO: se il potere della lanterna è materializzare tutto quello che si immagina, vedere come il protagonista per fermare una gru che si sta abbattendo al suolo immagini quattro muratori machi baffuti e pelosi di dimensioni mastodontiche è una cosa che ti piega in due dal ridere. Che devi fare attenzione che non ti arrivi lanterna verde dietro nel frattempo.



SUPERMAN 1 (che non lo volevi prendere ma poi hai visto Grant Morrison in copertina e allora vaffanculo)
L’albo contiene:


-Action Comics 1 di Morrison e Morales

Si è discusso tanto del reboot di Superman. Del fatto che non abbia più le mutande sulla calzamaglia (per me era un bene…) del fatto che vesta jeans e scarponi… allora:

1) niente paura, Superman ha la sua cazzo di calzamaglia

2) appare in jeans e scarponi proprio in questa storia scritta da Grant Morrison.
Il risultato è che vuoi fottutamente che Superman continui a mettersi jeans e scarponi, perché la storia è una bomba.
Arrivo da una saga in cui il buon Superman, tutto valori americani e giustizia (volutamente scissi) se ne va a piedi per tutta l’America con l’intenzione di ritrovare se stesso. L’Uomo d’Acciaio di Morrison invece è più naif (vedi l’abbigliamento), più bastardo (vedi le memorabili prime tavole), più tamarro (vedi le sempre memorabili prime tavole) più violento e più esibizionista.
Poi Lex Luthor ricorda dannatamente Sherlock di Cumberbatch, ma dalla parte dei cattivi.
E poi c’è anche la citazione di Will Eisner che non so se tutti noteranno. 
Gran storia questa. La seguirò con estremo piacere.



-Superman 1 di Pèrez e Merin

L’unica delle storie di questi albi che si possa dire abbastanza autoconclusiva, ma che comunque mette tanta carne al fuoco. Le tavole iniziali, in cui accade qualcosa di un po’ malinconico, sono di sicuro impatto; per il resto il nostro Kryptoniano se la dovrà vedere con un alieno di fuoco che minaccia la città, e con un problematico rapporto con Lois Lane. A questo proposito l’ultima pagina è un po’ un cazzotto allo stomaco.

Ci sarebbe da fare una riflessione sui personaggi squattrinati che sono tanti: questo Clark Kent, la lanterna verde Kyle Rayner, Dick Grayson (sebbene abbia alle spalle il miliardario Batman)… credo sia un ottimo modo di cogliere le sfumature della nostra epoca moderna caratterizzata dalla crisi economica questo di rendere come uno squattrinato qualche supereroe. Sicuramente meglio che prenderli e mandarli al college come fanno nella linea Ultimate della Marvel. 

Bella storia, anche se meno appassionante di Action Comics. 
Vediamo come si sviluppa.



-Supergirl 1 di M.Green e Asrar

Non è autoconclusiva ma è una delle storie più carine che mi sia capitato di leggere per quanto il personaggio non mi piaccia. Fondamentalmente consiste nella reazione inconsulta di una ragazza qualunque che si ritrova a sua insaputa su un altro pianeta, con dei robot che tentano di renderla inoffensiva.

La storia mi è piaciuta per la capacità degli autori di rendere l’inconsapevolezza di Supergirl che non si rende conto della situazione in cui si trova. Colpo di scena finale che vuoi vedere come prosegue.



BATMAN (con la copertina disegnata da Greg Capullo che ti lecchi i baffi)
L’albo contiene:

-Batman 1 di Snyder e Capullo

Dicevo a riguardo di Lanterna Verde che la DC secondo me ha questa differenza fondamentale rispetto ai fumetti superoistici della Marvel di donare una perfetta collocazione e identità a ognuno. Batman è l’esempio cardine col quale spiegare questa politica: sfogliando l’intero albo (quindi tutte e tre le testate contenute) si nota una totale assenza di colori chiari, l’abbondante ricorrenza di neri e toni di grigio, ambientazioni gotiche e cupe, il cielo blu notte o al limite rosso, colore innaturale ma che assolutamente non stona con le storie e lo vivi decisamente naturale.
Mentre alla Marvel un po’ tutti gli eroi sono uguali a se stessi, e quindi Spider Man e Devil hanno solitamente la solita stessa ambientazione metropolitana e fanno le stesse cose e compiono lo stesso tipo di avventure tanto che potresti benissimo invertirli senza accorgerti del cambiamento, come anche gli X men e i Fantastici Quattro, anche se alle volte questi esulano nel tempo e nello spazio; alla DC se leggi Batman ti rendi subito conto di che roba stai leggendo e ogni tavola è una dichiarazione di intenti: ambientazioni gotiche e cupe, storie violente, un supereroe senza poteri, tanto che fatichi a pensare che quel personaggio faccia parte dello stesso universo narrativo dei ben più colorati Superman & co. 
Una delle testate del Batverso infatti si chiama Detective Comics, e ti rendi conto del perché: si tratta di storie poliziesche, più che di supereroi, e anche se il detective in questione è Batman, il fumetto rimane fedele a se stesso e non ti racconta di come il Pipistrello debelli invasioni aliene o prenda a cazzotti il primo rapinatore in costume, bensì di come investighi e risolva i casi. Lo stesso vale per Action Comics, di Superman, dove sai già di trovare storie d’azione, di supereroi in senso stretto, sfavillanti e colorate. E per Lanterna Verde, dove sai già che la dimensione del supereroe viene relegata (occasionalmente) alle sole lanterne terrestri ma viene trascesa in un’ottica di avventure nello spazio.
Fondamentalmente per quanto concerne la mia esperienza: leggere diverse testate di supereroi Marvel è leggere sempre lo stesso zuppone, leggere diverse testate di supereroi DC è leggere COSE DIVERSE.
Detto questo, Batman 1 comincia con un’evasione di massa di supercriminali e finisce con un cliffhangerone che vedrebbe un personaggio molto vicino al Pipistrello nei panni di un efferato assassino.
Definitely must read!

-Detective Comics 1 di Daniel e Winn

E se leggendo la prima storia dell’albo stavate pensando che fosse cupa e opprimente, dovreste leggere questa seconda, che se possibile è anche peggio (il che è meglio, per te lettore). Si comincia con un pestaggio, c’è un inseguimento, un salvataggio da un palazzo in fiamme, una trappola del Joker (perché si, c’è il Joker e le atmosfere dell’intero racconto ripescano a piene mani da quelle del film di Nolan col Joker) ci sono lotte in treno e operazioni (e quando parlo di operazioni parlo di rimozioni di facce) fatte in casa.
Adorerete questa roba.
Almeno, se vi ritroverete a cantare “è l’uomo pi pi streeeeeeeeeeeeeee llo, è baaaaaaaatman, si avvolge nel man teeeeeeeeeeeeeeeeeeeee  llo, è proprio baaaaaaaaaatman” vuol dire che si, adorerete questa roba.

-Nightwing 1 di Higgins e Barrows

Dopo due pezzi da novanta come le storie che hai appena letto sei un po’ schifato all’idea di leggere Nightwing, e invece ti devi ricredere.
Svestiti i panni di Batman mentre Bruce Wayne era in giro per il mondo a reclutare la sua armata, Dick Grayson torna al suo ruolo di Nightwing, si fa una rimpatriata nel suo circo (perché da piccolo lavorava al circo. Ma non era né brutto né un pagliaccio) e se la vede con un Wolverine/Venom/Deathpool che lo vuole fare secco. Molti i siparietti comici, molto divertenti. Sceneggiato alla grande. Voglio vedere come continua. 




Ps:
DOMANDA.
Mi è venuto in mente un dubbio riguardo alla scansione temporale delle storie. Il problema è il costume di Superman: In Action Comics 1 vediamo Superman vestito da muratore (jeans e scarponi) ma siccome da qualsiasi altra parte lo vediamo col costume canonico, siamo portati a pensare che quell'abbigliamento così improvvisato sia dovuto al fatto che il supereroe è all'inizio della sua attività. Ma se in JLA 1 lo vediamo già vestito di tutto punto e la storia è ambientata 5 anni prima di qualsiasicosacapiticinqueannidopo vuol dire che Action Comics 1 è una storia di più di 5 anni prima di qualsiasicosacapiticinqueannidopo?

lunedì 4 giugno 2012

Ricordi commoventi

Kiyomizudera, Kyoto.


"Andai nei boschi perchè volevo vivere con saggezza e in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire in  punto di morte che non ero vissuto."
H.D. Thoreau



Studiando storia dell'arte giapponese mi è capitato di vedere il particolare di un paravento o di una porta scorrevole, che oggi è incorniciato come fosse un quadro, e rappresenta proprio il Kiyomizudera di Kyoto.
Vengono raffigurate attività di ordinaria amministrazione dei personaggi che in epoca Edo si recavano in questo tempio: c'è un giovane samurai che riceve una salvietta per bagnarsi alla fonte (quella della foto), un uomo che ci prova con una ragazza che non ci sta, e capisci che non ci sta perchè è aggrappata a una ringhiera di legno e un semplice particolare di quel genere ti dice tanto.
Poi c'è anche quella tettoia.
Nel dipinto sotto alla tettoia ci sono i samurai.
Nella mia vita quella tettoia è uno dei ricordi più belli che abbia.
E' un ristorante oggi quella tettoia, ed è il primo ristorante dove ho mangiato, una volta arrivato in Giappone.
Tsukimi Udon (quelli con l'uovo crudo che si cuoce col caldo del brodo e così bello tondo tondo sembra la luna, ma che se lo spacchi e lo fai mischiare con la zuppa mioddio!).
La situazione è stata questa: durante la visita al tempio, la prima della mia vita, comincia a piovere, ma io ero talmente entusiasta che se ogni turista sano di mente avrebbe pensato cose come "che sfortuna, piove" io pensavo al mono no aware e al senso di velato tipico dell'estetica nipponica che la pioggia conferiva all'ambiente.
Giorgio, il mio compagno entusiasta ma sano di mente, cercando di scongiurare una bronchite propone di cercare un posto dove ripararci ed ecco che spunta questo tipico ristorantino da tempio, in una tipica casetta di legno, dove mangiare in ginocchio su una veranda vista natura.
FATTA.
Io, Giorgio, gli tsukimi udon, la veranda di una casa giapponese su cui sono inginocchiato, la pioggia col suo alone di freschezza, eleganza e mistero, l'ambientazione antica, con la sorgente per le abluzioni e il tempio su in alto, ed ecco che passano tre geisha. Quelle vere. Non ho mai visto altrove tanta grazia e tanta eleganza.
Fu quello il momento in cui come un fulmine, mi colpì nel profondo la presa di coscienza che sì, ero in Giappone, avevo realizzato il sogno di una vita.
Oggi nella mia testa gli eventi di quel periodo cominciano a tingersi dei colori del mito, la realtà inizia a sfumare nel sogno, e ancora stento a credere di avercela fatta.
Quello che so, è che ripensando ai momenti di quelle due settimane mi rendo conto di AVER VISSUTO VERAMENTE, con ogni fibra del mio essere; di NON AVER PERSO NEANCHE UN SECONDO DI QUEI GIORNI e di ESSERMI COMPLETAMENTE FATTO INVADERE DA QUELL'ESPERIENZA A LIVELLO DI TUTTI E CINQUE I SENSI.
Ricordo i profumi (il legno e l'incenso dei templi su tutti), i sapori (il ramen, la tonkatsu, il curry di Nara nel ristorante dei treni, lo youkan alla castagna, i melon pan), i suoni (i sutra recitati dai monaci, l'autista del pullman che ti avvisa se trova il semaforo rosso) le sensazioni tattili (i piedi scalzi sul legno delle scale del castello di Himeji e su quelle del Sanmon del Tofukuji) e ovviamente le immagini, tutte, come se i miei occhi fossero stati telecamere.
E oggi, rivedendo quel luogo così importante per me su un dipinto antico, ho pianto.