venerdì 22 giugno 2012

L'essenza della felicità secondo me



Se c'è una cosa che tutti gli uomini desiderano, quella credo che sia la felicità.
Per questo ho sempre riflettuto molto sull'argomento.
Ho avuto i miei periodi neri nella vita, ma di fondo aleggiava quella convinzione che in realtà io sono nato con la camicia e di problemi veramente gravi non ne ho mai avuti, per cui nonostante potessero risultare fastidiosi per me, mi è capitato di non sentirmi legittimato a soffrirne.
In quei momenti ci ho pensato tanto, a come procacciarmi un po' di felicità.
Guarda caso, fino a pochi anni fa ho continuato a credere che quel quid che mi mancava per ottenere la felicità potesse essere qualcosa di materiale: prima il giocattolo, poi il videogioco, poi il disco, la maglietta, dimagrire, quella ragazza, certi amici, un particolare status ritenuto pregevole...
Tutte cose che tra l'altro, qualora ottenute, potrebbero facilmente attirare invidia e malevolenza da parte delle altre persone.
Poi a un certo momento alcuni vettori della mia vita si sono incrociati in un determinato punto e grazie alla convergenza di diverse esperienze e di svariate idee ho cominciato a pensare ad una chiave per la felicità, che funzionasse almeno per me.
Ho focalizzato il mio sguardo interiore sui miei bisogni essenziali e ho capito che ciò che veramente voglio è vivere una vita tranquilla, senza rimpianti, seguendo la mia via sempre con la schiena dritta.
La felicità per me è un cammino, una meta e uno stato al tempo stesso.
Mi sono reso conto che per tanto tempo ho commesso l'errore di considerare felicità un qualcosa che mi mancava e che desideravo.
Il Buddhismo afferma che il desiderio è la causa dei dolori umani; lasciando da parte la religione e mantenendo solo l'assunto a livello filosofico non si può che sposare una conclusione del genere.
Desiderando cose come presupposti per la propria felicità si finisce a correre una vita veloce, nella dimensione dell'eterna attesa di qualche cosa, senza vivere appieno i singoli momenti, preda della tendenza ad appropriarsi nel minor tempo possibile dell'oggetto dei desideri, consumarlo in tutta fretta e passare al prossimo oggetto.
Non voglio passare per quello che fa il superiore nei confronti degli altri, e anzi credo che questa sia la cosa più umile che io abbia mai scritto, ma le cose non funzionano più così per me, e questo perchè ho trovato una  mia dimensione che funziona per me e solo per me.
La felicità per quanto mi riguarda non si trova nelle cose che mancano, nè nelle cose che desideriamo.
La felicità per me è un modo di essere, ma si trova sia nell'hic et nunc che nel futuro, quindi comporta sia il vivere appieno ogni secondo della mia esistenza per quanto possibile, sia la tendenza al miglioramento di me stesso in prospettiva dei tempi a venire. Potrei dire che quando guardo alla mia felicità guardo a qualcosa che è dentro di me, che posseggo già e che devo cercare e migliorare, piuttosto che qualcosa fuori di me, di cui mi devo appropriare perchè mi manca.
Questo modo di vivere e pensare mi estranea dai binari della logica della gente ordinaria, per cui è come se le piccole persone che si affannano come formichine per comprarsi quello, avere quell'altro, farsi vedere in un modo piuttosto che in un altro, le vedessi scorrermi davanti mentre sono comodamente seduto sulla veranda di casa.
E per forza di cose ragionando così mi tiro fuori facilmente anche dalle invidie degli altri, che o non si interessano a me, o se lo fanno sono io che non mi interesso particolarmente a loro (non sempre almeno).
Tante cose sono cambiate da quando ho capito cosa mi rende veramente felice: ho meno complessi, meno paranoie, non ho paura degli sguardi delle persone, sono molto più sicuro di me.
Ho piena coscienza che finchè percorrerò la mia via inseguendo valore, saggezza e felicità, sarò una persona soddisfatta di se stessa, e finchè continuerò a pensare a ogni singola azione che faccio prima di farla, come se la mia vita fosse una partita a shogi, anche nell'errore saprò fornire delle motivazioni ai miei gesti e sarò consapevole che il vuoto in me non è altro che uno spazio di potenzialità infinita.
E' come se avessi gettato in me le fondamenta di una solida base da cui partire per affrontare la vita.
Fondamentalmente sarò stato felice se in punto di morte mi riterrò soddisfatto di come ho vissuto.
Mi piacerebbe rimanere fedele a me stesso e alla via che ho deciso di seguire, perchè vivere così mi sta portando tanti benefici.


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